eddi milkovitsch

biografia

Nato a Trieste nel 1957, dove vive e lavora.

Alfabeti, parole, scritture sovrapposte, tratte da giornali e riviste. Tutto di carta o cartone; tutto riciclato. Spesso le lettere emergono per lo spessore del carattere, con un gioco quindi leggermente tridimensionale. Il mondo di Eddi Milkovitsch è racchiuso in questi pochi dati; una passione, una febbre suscitata dalle lettere, che lo costringe a comporle, evocarle, ad ingigantirle, ed enfatizzarle quindi, in contesti appropriati, fatti ancor sempre di carta e scritture.

Scrittura di matrice occidentale; il suo “impero dei segni” è legato ad una cultura che discende da quella classica, dalla capitale quadrata romana, divulgandosi poi nei linguaggi del mondo occidentale, non solo di ascendenza latina; non comprende cioè quello che per Roland Barthes è l’impero dei segni per eccellenza, la scrittura giapponese confusa con la pittura e con la vita.

Una lucida razionalità presiede queste composizioni dove regna l’ordine, la precisione esecutiva, ricercati equilibri e simmetrie, quali risposte ad un’intima esigenza che nasce dalla naturale predisposizione dell’autore.

Non si tratta di discipline apprese, di un’educazione acquisita in un’ordinaria routine scolastica; l’ordine, l’equilibrio compositivo, la pulizia del prodotto sono spontanei, essendo Milkovitsch autodidatta, salvo la frequentazione di qualche corso specifico quanto marginale, come quelli del circolo calligrafico “Incipit” di Trieste.

Ordine legato ad un innato senso estetico che si esprime in una vocazione progettuale strutturante, insieme a scelte cromatiche, compositive, materiche sicure, senza sbavature. Cioè l’intuizione felice si accorda all’intrinseca razionalità combinando lacerti di giornali strappati con parsimoniosi interventi pittorici informali, che fanno da legante tra le lettere protagoniste del campo, le parole che necessariamente ne derivano - rivestite di carta tratta da riviste - i fondi. Come in questo alfabeto completo sciorinato in 13 riquadri, ideato e realizzato appositamente per questa prima esposizione personale. Come a dire un’opera unica frammentata in 13 comparti uguali, ciascuno dei quali ospita un compendio esaustivo del mondo delle lettere : queste innanzi tutto, bianche ed emergenti attraversate da tracce pittoriche, le parole sottostanti o i segni d’interpunzione che allacciano, mediano, rallentano l’andatura del discorso, le scritture di sottofondo, variamente colorate, estrapolate da riviste patinate, come un’affabulazione senza confini dove le lettere s’accorpano in parole. Ovvero il segno significante che sta alla base della comunicazione scritta. La lettera/parola è il modo elettivo di comunicare, quello che si consegna alla storia. La fascinazione subita da Milkovitsch discende dal potenziale semantico della lettera che aspira alla combinazione in parola, depositaria del pensiero, qualunque sia il suo spessore. Lettere sparse come pensieri possibili, come ineludibile testimonianza del nostro essere nel mondo.

L’enormità dal materiale cartaceo prodotto e consumato, lascia tracce. Milkovitsch ne raccoglie e ripristina alcune, conferendo loro dignità e forza di comunicazione estetica.

"Maria Campitelli"

E’ grafica? E’ scultura? E’ pittura? L’arte di Eddi Milkovitsch è un po’ tutt’assieme. Assemblaggio armonioso di materiali, carta e cartone, bianchi, colorati, al naturale, con qualche tocco, goccia o stesura di colore.

Scrittura, o meglio lettere, alfabeti di carta…su carta, tracce di antichi segni, in spazi nuovi. Le avanguardie del ‘900 insegnano ad andare “oltre” nella superficie del quadro, nello spazio e nello spessore della tela o del foglio, ad incollarvi frammenti di vissuto, di giornali soprattutto, di parole. C’è un ricordo di Gris, ma anche del lettering del Bauhaus, di certa Pop Art americana evocata da Mimmo Rotella. Ed altro ancora vi potremmo vedere: echi, riflessi, coincidenze.

Ma c’è, soprattutto e dichiarato, l’amore per l’alfabeto e per la carta, non come semplici segni e supporto, ma come materiali entrambi di un fare che è espressione ludica e simbolica, forma di comunicazione, arte comunque.

E c’è, allora, la riscoperta di antiche scritture, di antichi modi di comunicare, oltre la dimensione della consuetudine, del significato letterale: la stringata linea orizzontale che lega, come una barra, e segna il ductus della scrittura in “Frammenti” si spezza e s’infrange e poi emerge sul mare ondulato ed accartocciato che dà spessore ed opposto movimento alla superficie; l’intero alfabeto bianco galleggia poi con evidenza iconica su un patchwork di palle di carta colorate (“Alfabeto Colore”), moderna reminiscenza di un’antica “pagina-tappeto” dei codici miniati insulari.

E quelle lettere “R”, “A”, “S” racchiuse, appoggiate, espanse in parte oltre la cornice, non ricordano le iniziali ornate (e matrice prima le iniziali rubricate in rosso) di certi codici ottoniani (come il Salterio di Egberto in Cividale) nel dialogo, nel rapporto tra tutti gli elementi grafico visivi, scrittorii e non, della pagina (e qui, del quadro)?

Eddi Milkovitsch è stato attento allievo della Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica annessa all’Archivio di Stato di Trieste. E ne ha tratto suggestioni particolari. Aveva già seguito i corsi di Nino Perizi al Museo Revoltella – e più che l’approccio al nudo, oggetto di quei corsi, credo che di quel maestro Eddi abbia saputo cogliere invece la leggerezza e la forza insieme delle aeree sculture metalliche a mo’ di origami – e se ora approfondisce i suoi studi con Cervi Kervischer, molto proficuo è stato per lui il corso sull’embossing con il calligrafo francese Jean Larcher.

Ma Milkovitsch non è un calligrafo, è un artista, che della carta e delle “belle lettere” ha fatto il tema centrale delle sue disgressioni, delle sue creazioni.

E strizza l’occhio anche alla scultura, quella dei materiali poveri, legno e similmente cartone, usati, riproposti nella loro evidenza materica, o talvolta ricoperti di carta la più svariata.

Ed il pensiero corre al primo Ceroli, alle sue lettere, al suo legno grezzo ma, soprattutto, ed è ciò che li accomuna, alla misura, a quella classica “medietà” (Calvesi), tra volume e superficie. Dove il classicismo sta nella sapiente selezione delle forme, risultato di associazioni, suggestioni (non di pedisseque citazioni) con la continua manualità del fare.

Basta osservare “La Noble Art”, o “extrema ratio” ed “AEQUE”, “Step 1”, “traditio cartae”, o il mare di “Senza titolo”, per cogliere, come in Ceroli, il nitore dei rapporti, il gioco delle tensioni e dei dislivelli, rapportati alle superfici, con lieve e ludico scarto, nel tendere all’assoluto delle forme, con la materia più comune.

C’è tutto un mondo, complesso nell’apparente semplicità, nelle originali opere di carta di Eddi Milkovitsch.

"Renata Da Nova Erne"

La scrittura, la carta stampata e la cellula primaria – la lettera alfabetica - costituiscono il mondo di Eddi Milkovitsch. In esso vi si immerge, emarginando qualsiasi altro spunto di interesse. La carta bianca, accumulata, è in attesa di essere vergata da segni significanti: in certo casi l’accumulo di carte (che potrebbe farci venire in mente Arman, attestato tuttavia su altri versanti) è persino incorniciato (v. “Senza titolo”) cioè enfatizzato, diviene paradossalmente e tangibilmente soggetto di un quadro; una sorta di omaggio, di sacralizzazione. La lettera, e nel suo organizzarsi, la parola, è già stata oggetto di analisi e di studio in certi momenti della storia dell’arte moderna. Basti pensare al futurismo, all’esaltazione dell’autonomia della parola, di per sè significante ed evocatrice di significati contermini, e in tempi più vicini, la poesia visiva dove la grafia della parola veniva considerata nella sua valenza visiva, come disegno su di una superficie, oltre e in aggiunta al suo peso semantico.

Ma per Eddi Milkovitsch il discorso è diverso; è figlio di una temperie culturale nuova, quella del III millennio. La configurazione in opera, del suo pensiero, ha un suo carattere solido, rigoroso e preciso.

L’amore per la lettera e la scrittura porta l’artista a considerare la stratificazione della storia, ad avvicinarsi a scritture antiche, a revitalizzare il latino, in frammenti sospesi, non tanto per un recupero di contenuti, quanto per una citazione segnica che riconduce al fondamento storico della nostra cultura. E’ come manifestare uno stupore per l’estensione infinita della parola scritta, per l’avvicendarsi delle lingue nella storia dell’uomo, quale testimonianza di una diversificata, irriducibile comunicazione. Alla fine è ancora un rilevamento della necessità ineludibile dell’espressione e del rapporto con l’altro. Si scrive, per testimoniare, per documentare, per fantasticare… per raccontare qualcosa ai nostri simili. Il fondamento è dunque la comunicazione.

Va ricordato ancora il modo in cui Milkovitsch evidenzia ed omaggia la scrittura. I modi sono variati: bi e tridimensionali, installativi. Ciò che prevale in ogni caso è l’ordine geometrico, la pulizia della definizione formale. Con questo criterio assembla lettere e scritture a blocchi di carta di giornale, accuratamente incastonati l’uno nell’altro, come inedite tessere di un mosaico, sì da costituire dei particolari fondali materici in cui sembra raccogliersi tutta la scrittura del mondo. In “Nihil minus” questo sistema d’accumulo diviene protagonista, inghiottendo nell’articolata struttura, tutte le lettere e le scritture possibili.

Il dato dominante di questo lavoro resta comunque l’alfabeto, quasi un bisogno ossessivo: lo sciorinare, nell’ordine, tutte le lettere dall’A alla Z, in svariate versioni, su carta, su legno, in caratteri disparati. Cioè lo strumento fondante dalle cui combinazioni nasce la parola, e la scrittura, ossia la comunicazione.

"Maria Campitelli"

esibizioni

Anno Esibizione Localita
2002 Collectiva "Arte fra poetica ed amicizia" Villa Prinz, Trieste
2002 Personale "Alfabeto Non-Sense" Sala esposizioni Minerva Art Cafè, Trieste
2003 Collectiva "Artisti e Calligrafi" Macerata, Italy
2003 Presentazione "Tram-Way - I cento anni del tram di Opicina" Museo Revoltella, Trieste
Eddi Milkovitsch è attratto in modo irresistibile dalle lettere dell’alfabeto.
Esse sono protagoniste di calibrate composizioni in cui la carta (e il cartone) assieme alla scrittura sono dominanti: tutto materiale rigorosamente riciclato e riabilitato dall’intervento estetico che sceglie, costruisce, trasforma, in un elogio infinito del carattere/parola.
In questa occasione l’artista cita direttamente, in un riquadro essenziale, gli elementi che costituiscono il binario del tram radicato nel terreno. La trave di legno, la ghiaia sparsa intorno, un frammento di cavo lucido di pece che allude alla cremagliera. E la scrittura, le lettere dove sono? La ghiaia, con sorprendente mimesi, è costituita da frammenti di giornali disposti a sacchetti rigonfi e schiacciati, ben pigiati l’uno accanto all’altro. Anche il binario del tram dunque si avvale del mezzo elettivo di Milkovitsch, senza smentirne il coerente percorso.

Maria Campitelli
2004 Collectiva "Il doppio, l'enigma del volto" Trieste
2004 Collectiva "Arte in Tram" Trenovia Trieste-Opicina, Trieste
Eddi Milkovitsch è attratto in modo irresistibile dalle lettere dell’alfabeto.
Esse sono protagoniste di calibrate composizioni in cui la carta (e il cartone) assieme alla scrittura sono dominanti: tutto materiale rigorosamente riciclato e riabilitato dall’intervento estetico che sceglie, costruisce, trasforma, in un elogio infinito del carattere/parola.
In questa occasione l’artista cita direttamente, in un riquadro essenziale, gli elementi che costituiscono il binario del tram radicato nel terreno. La trave di legno, la ghiaia sparsa intorno, un frammento di cavo lucido di pece che allude alla cremagliera. E la scrittura, le lettere dove sono? La ghiaia, con sorprendente mimesi, è costituita da frammenti di giornali disposti a sacchetti rigonfi e schiacciati, ben pigiati l’uno accanto all’altro. Anche il binario del tram dunque si avvale del mezzo elettivo di Milkovitsch, senza smentirne il coerente percorso.

Maria Campitelli
2004 Personale "ad litteram" Galleria Comunale, Trieste
2005 Collectiva "5° Simposio Internazionale Socrate Stavropulos" Berchtesgaden, Germany
2005 Collectiva "5° Simposio Internazionale Socrate Stavropulos" Accademia U.N.A, Trieste
2008 Personale "Leggi[adr]i Testi" Galleria Comunale, Trieste

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